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Le cosche di Cosenza riammesse al tavolo regionale delle ’ndrine

Le rivelazioni dell’ex boss Roberto Porcaro e del narcotrafficante Roberto Presta

Lo scetticismo dei reggini. E il tentativo delle cosche cosentine di recuperare un ruolo “ufficiale” e credibile nell’ambito della geografia mafiosa regionale. Pentimenti e dissociazioni hanno per lungo tempo fatto perdere alla ‘ndrangheta del Crati e del Busento l’affidabilità invece riconosciuta dalle cosche della Piana di Gioia Tauro, della Locride, di Reggio Calabria, del Cirotano e del Vibonese alla mafia bruzia negli anni 80 e fino a metà degli anni 90. Le scelte collaborative di Franco Pino nell’area urbana e Giuseppe Cirillo nella Sibaritide, risalenti al 1995 e tutte quelle registrate successivamente, hanno segnato una frattura netta tra le cosche del Cosentino e i vecchi e potenti alleati con i quali v’erano stati per quasi vent’anni scambi di killer, “favori” e affari. Una frattura che ha risparmiato solo il clan di Franco Muto a Cetraro, mai investito da fenomeni di pentitismo. La morte violenta nel 2000 dello storico capobastone Antonio Sena, da sempre amico dei reggini, aveva peraltro ulteriormente peggiorato le cose. A sottolinearlo ai magistrati antimafia è stato l’ex “contabile” delle cosche “confederate” bruzie, Vincenzo Dedato. I cosentini vennero convocati proprio a Rosarno dai “compari” della Piana di Gioia Tauro i quali chiesero conto del delitto del loro antico amico che li aveva parecchio infastiditi e, nell’occasione, gioiesi e rosarnesi “avvisarono” chiaramente tutti che nessun familiare di “don Antonio” doveva essere toccato «neppure per sbaglio».
Roberto Porcaro, il boss pentito che sta collaborando con la Dda di Catanzaro, riferisce come le consorterie bruzie stessero recentemente tentando un ritorno al passato nello scacchiere criminale regionale. Il pentito spiega: «Michele Di Puppo è dopo Francesco Patitucci il più importante riferimento criminale dell'organizzazione di ‘ndrangheta cosentina. È stato solo grazie al suo carisma criminale, ai suoi legami con esponenti di ‘ndrangheta di Rosarno ed alla considerazione che questi avevano di lui, che si è riusciti a riprendere certe questioni di ‘ndrangheta riguardanti le affiliazioni e la riapertura di un “locale” a Cosenza». Roberto Porcaro, in forza dei nuovi “ragionamenti” avviati da Di Puppo, ha cominciato a fare affari con i rosarnesi nel campo della droga. Come? Rifornendosi stabilmente dello stupefacente destinato al mercato cosentino. Un rifornimento di cocaina avviato insieme con gli “alleati” di Amantea e che gli è costato una condanna in primo grado a 20 anni di reclusione.

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