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Cosenza, condanna definitiva all’ergastolo per i due boss Bruni e Ruà

La Cassazione non crede alla confessione resa dai due boss sul duplice omicidio di Marcello Gigliotti e Francesco Lenti

Gianfranco Bruni

La confessione tardiva dei due boss non ha convinto gli “ermellini” della Capitale. E la condanna al carcere vita è passata in giudicato. La scena processuale è quella di un barbaro crimine compiuto 38 anni fa in una cascina posta alla periferia di Rende. Approfondiamo.
Gianfranco Ruà e Gianfranco Bruni, storici esponenti del clan un tempo guidato dal capobastone Franco Pino, decisero due anni addietro, davanti alla Corte di assise di appello di Catanzaro, di addebitarsi ogni responsabilità per un feroce duplice omicidio risalente al febbraio del 1985. Dissero di avere assassinato prima Francesco Lenti e poi Marcello Gigliotti - una coppia di picciotti troppo “autonomi” - con la complicità di un loro vecchio sodale, Demetrio Amendola, morto ammazzato da decenni, escludendo invece il coinvolgimento nel crimine di Francesco Patitucci, conclamato capobastone di Rende e Cosenza. Patitucci per il fatto di sangue era stato infatti condannato al carcere a vita in primo grado dalla Corte di assise di Cosenza.

Le dichiarazioni di Bruni e Ruà sembrarono convincere i giudici catanzaresi (presidente Cosentino; Commodaro a latere) che ritennero credibile l’apporto alla ricostruzione dei fatti fornita dai due ergastolani ai quali concessero le attenuanti generiche infliggendo loro una condanna a 20 anni. Il sostituto procuratore generale, Salvatore Di Maio, impugnò la sentenza sostenendo che i due imputati avessero mentito per scagionare Patitucci anche perchè essendo già stati condannati con sentenza definitiva all’ergastolo non avevano nulla da perdere. La Corte di Cassazione accolse il ricorso del magistrato e dispose un nuovo dibattimento di appello. Questa volta, però, i giudici catanzaresi di seconda istanza (presidente Reillo; Mellace a latere) bocciarono le confessioni di Bruni e Ruà condannandoli al carcere a vita. La condanna dei due imputati, difesi dagli avvocati Massimo Petrone, Luca Acciardi e Luigi Gullo, è divenuta ieri definitiva. La Corte di legittimità, infatti, ha giudicato inammissibili i ricorsi dei legali e il verdetto è passato in giudicato.

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