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Cassano Ionio, le confessioni dei pentiti sull’eliminazione di Di Cicco

Le soffiate sulle indagini e sulla possibile collaborazione. Rivelati gli inquietanti scenari delle ’ndrine

Le microspie nascoste nell’auto di Salvatore Di Cicco all’epoca dell’omicidio di Vincenzo Bloise e la paura che potesse collaborare con le forze dell’ordine per salvarsi dalle inchieste in corso ne decretarono indirettamente la morte. Emergono nuovi dettagli sul caso di lupara bianca sul quale hanno fatto luce i carabinieri del Ros e dei comandi provinciali di Cosenza e Crotone con l'arresto di Rocco Azzaro, esponente di spicco dei clan di Corigliano Rossano, e di Giuseppe Spagnolo e Giuseppe Nicastri personaggi di rilievo del locale di 'ndrangheta di Cirò. Sull’omicidio hanno reso dichiarazioni i pentiti Ciro Nigro, Nicola Acri e persino Franco Bruzzese, tutti e tre attivi all’epoca all’interno della cosca Abbruzzese. I fatti si svolgono tra la fine degli anni Novanta e i primi anni 2000. Nel mercato dello spaccio delle sostanze stupefacenti opera Vincenzo Bloise, vecchia conoscenza delle forze dell’ordine.

Uno spirito libero che non vuole sottostare alle regole imposte dagli Abbruzzese capace di approvvigionarsi della droga dai canali privati e rivenderne in grande quantità. Una invasione mal tollerata dagli zingari che decidono di eliminarlo. Per la pianificazione dell’agguato viene utilizzata l’auto solitamente in uso a Di Cicco e che, proprio in quel periodo, era sottoposta ad intercettazione ambientale. Bloise viene ammazzato il 16 maggio del 2001, un omicidio sul quale farà poi luce l’operazione “Sybaris”, un’inchiesta durata tre anni e che aprì uno squarcio sulla storia criminale della Sibaritide dal 1999 all’ottobre 2002.

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