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Cosenza, Sanità al collasso: mancano medici, infermieri e Oss. E le strutture? Pessime

Lo sguardo s’allunga negli interstizi più remoti della sanità territoriale, nei piccoli ospedali, negli ambulatori. Dentro quei luoghi senza tutto si cerca la trama nascosta di un’assistenza, spesso, negata. Servirebbero più medici, più infermieri, più oss. Ma, soprattutto, c’è bisogno di specialisti. Una carenza che sta generando il decadimento delle risposte del sistema salute. È il risvolto drammatico di una politica di programmazione dei fabbisogni del personale fatta a Roma una decina d’anni fa e che non ha tenuto conto dello sviluppo logaritmico della curva dei pensionamenti. Il risultato è quel prolungato mancato turnover che ha generato l’attuale crisi di risorse mediche. Una gestione che non ha guardato alla gente ma solo ai bilanci. Certo, le malattie hanno un costo sociale ma non per questo non devono essere affrontate nelle strutture sanitarie pubbliche. La carenza di personale si è trasformata nella metastasi della sanità. Il mancato ricambio cha avuto come effetto il taglio dei posti letto e l’accorpamento di interi reparti. L’impressione è che il ritorno a Itaca dei servizi assistenziali in questa nostra terra non sia esattamente dietro l’angolo.
Il caos in prima linea La carenza cronica di personale medico e paramedico non consente di mantenere a galla strutture efficienti. L’atmosfera di congestione, ad esempio, ha trasformato tutti i Pronto soccorso, a prescindere dalla latitudine, da strutture deputate all’emergenza ed all’urgenza, in ambienti di ricovero inadeguati e, in alcuni casi, insicuri. Tutti ammassati dentro quelle stanze, nei corridoi, su sedie o barelle incerottate, uno dietro l’altro, uno accanto all’altro. Magari, poi, ci scappa anche il fuori programma che costringe agli straordinari. Basti pensare a quello che è accaduto nella prima linea dello Spoke di Rossano, dove il temporale di qualche giorno fa ha allagato le stanze della degenza costringendo il personale sanitario a spostare i pazienti nei vari reparti del presidio “Giannettasio”. Ma anche a Castrovillari e nell’altro Spoke di Paola-Cetraro, in Pronto soccorso non se la passano bene. La coperta è corta ovunque e per mantenere aperta la prima linea si ricorre spesso a prestazioni aggiuntive (quando si può) o a medici a convenzione. L’alternativa è chiudere. E quando tutto manca, allora, ci pensa direttamente il “118” a dirottare il paziente critico verso il “porto sicuro” dell’Annunziata, un ospedale hub di alta specializzazione che finisce puntualmente sottto assedio. E non si tratta solo di emergenza-urgenza, con reparti chiusi negli spoke o con pochissimi specialisti, la scelta ricade sempre su Cosenza.

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