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Frane e alluvioni, il Cosentino in ostaggio

Quando la luce del cielo si spegne improvvisamente e le nubi si colorano di nero, la paura s’infila nelle case. Qui la gente teme l’acqua che arriva all’improvviso dal cielo. E, spesso, anche non solo dal cielo. Acqua, tanta acqua che trasforma i costoni in muri di fango e detriti. Su questa zolla dell’Italia meridionale, frane e smottamenti nei centri abitati e lungo vecchie e nuove strade hanno uno stretto legame con la regione dell’emergenza. L’uomo ha imparato ad ascoltare il fragore della sventura. È già successo in passato tante volte. Catastrofi ambientali che molte volte hanno cambiato la storia di interi paesi come è accaduto a Laino Castello, ad esempio, dove, con decreto del Ministro dei Lavori pubblici del 3 giugno 1960, in seguito a problemi insanabili di natura idrogeologica e frequenti fenomeni sismici, l’abitato fu trasferito in un luogo più sicuro. È nata così la nuova Laino Castello, il primo esempio di new town in Calabria. E, poi, a Cavallerizzo di Cerzeto il 7 marzo del 2005. In quella mattina di pioggia, che veniva dopo tante altre mattine di temporali che in quei giorni misero in ginocchio la Calabria, un pezzo di collina si staccò all’improvviso e quell’ammasso di detriti e di fango inghiottì l’intera frazione cancellando una trentina di case. Anche lì è sbocciata una nuova Cavallerizzo nell’area più sicura di Pianette. Ma è tutto il Cosentino che galleggia all’interno della zona rossa del rischio idrogeologico e a pericolosità di frana. Qui, ogni paese, ogni città, presenta una porzione variabile di territorio minacciata dalla natura.

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