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Pronto soccorso, a Cosenza... la sanità è in barella

L’ingresso del pronto soccorso all’Annunziata di Cosenza

L’attesa in Pronto soccorso vibra di tensioni e di rabbia in mezzo a code di lettini e barelle. Una umanità sofferente che aspetta che si liberi un letto dentro un reparto. E l’attesa non ha un limite preciso. Può andare avanti anche per giorni. Dipende dalla disponibilità di un posto per il ricovero (che non è quasi mai disponibile). La cruna è ristretta, non è facile entrare. La sanità è a numero chiuso, adagiata su una barella e non solo nell’hub. Anche nelle prime linee degli spoke le stanze sono tutte ugualmente affollate di malati. Anzi, di più. Con l’incrocio dei virus sono cresciute le patologie respiratorie. E la fame d’aria spinge i pazienti dentro quell’imbuto, ristretto dai lavori di ristrutturazione. È la sanità attuale il cui profilo riverbera impietosamente nei lea più scarsi che si registrano nel perimetro dell’Unione europea.
 L’influenza e il Covid hanno trasformato il Pronto soccorso di Cosenza in un sepolcro murato dentro il quale si combatte contro il male che corrode il corpo e la mente. Un disastro scavato negli ultimi vent’anni con le ruspe della spending review. La necessità di tagliare le spese ha trasformato il sistema-salute in un altrove privo di sensibilità e sempre meno capace di ascoltare il lamento dei malati che invocano il loro sacrosanto diritto all’assistenza e alle cure. Ogni anno è così, col picco dell’influenza stagionale i servizi assistenziali finiscono sotto assedio. Mancano i filtri del territorio, gli ospedali di comunità e la case della salute restano un progetto sulla carta. Con medici di famiglia e continuità assistenziale a singhiozzo il Pronto soccorso di Cosenza resta l’unico riferimento certo. E così in prima linea si moltiplicano anche gli accessi impropri, quelli a cui sarebbe bastata un’aspirina. Ogni giorno ne passano a centinaia e finiscono tutti lì, schiacciati tra quelle mura, tutti insieme, quelli che stanno messi peggio e quelli che stanno messi meglio. Il resto lo fa la carenza di posti in reparto, in tutti i reparti. Poco personale, meno letti. Una equazione impietosa sulla quale si fonda il sistema salute calabrese.

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