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Cosenza, i penalisti chiedono di celebrare il maxiprocesso “Reset” in città

Richiesto un incontro al presidente della Corte di appello e al ministro della Giustizia. I legali segnalano pure le difficoltà nate a Palazzo di giustizia per la mancanza di giudici. Le Pera: «Usciamo dai bunker»

La Camera penale è sul piede di guerra. Con un documento a firma del presidente, Roberto Le Pera e del segretario, Gabriele Posteraro, i penalisti chiedono a gran voce l’invio nel tribunale bruzio di altri magistrati in rinforzo e la celebrazione del maxiprocesso “Reset” non nell’aula bunker di Lamezia ma a palazzo di giustizia. I legali chiedono un incontro al ministro della Giustizia, Carlo Nordio e alla presidente della Corte di Catanzaro, Gabriella Reillo.
Ma apprfondiamo quali sono le ragioni delle doglianze prospettate dai penalisti.
Ecco cosa scrivono: «Il Presidente e due giudici della sezione penale (a cui va riconosciuto immane sforzo giudiziario e organizzativo) sono e saranno quasi esclusivamente dedicati, per i prossimi anni, a trattare, unitamente a centinaia di difensori, gran parte del Foro cosentino, un processo (“Reset” n.d.r.) che prevede l’assunzione di migliaia di prove orali, tutto questo in un luogo diverso dal Palazzo di giustizia di Cosenza; v’è l’impossibilità, per gli stessi difensori, di organizzare concomitanti, diverse attività difensive innanzi ad altri giudici del Tribunale di Cosenza, con la inevitabile necessità di formulare istanze volte al rinvio di ogni altro processo; sussiste una impasse dell’attività giudiziaria, stante l’inevitabile carenza di organico nella magistratura giudicante, certamente non risolvibile con la - seppure apprezzabile - provvisoria applicazione, alla sezione penale, di un giudice della sezione civile. Il rischio - già in parte realtà - è la paralisi dell’attività giudiziaria, non solo della sezione penale del Tribunale di Cosenza, ma della circoscrizione giudiziaria tutta, con l’azzeramento del diritto di imputati e parti offese ad ottenere una risposta di giustizia in tempi ragionevoli. E ciò, nonostante, l’immane sforzo da parte di tutti: giudici, personale di cancelleria e, consentitecelo, anche delle nostre toghe».

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