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Cosenza, il Centro per l’autismo sarà intitolato a Gabriele Greco

Il giovane psicologo e musicista bruzio è scomparso prematuramente lo scorso anno in Campania

Vivere nei ricordi degli altri. Il poeta Ugo Foscolo scrisse: «Sol chi non lascia eredità di affetti poca gioia ha nell’urna». E Gabriele Greco, il giovane psicologo e musicista bruzio scomparso prematuramente a 28 anni lo scorso anno, ha lasciato un bellissimo ricordo di sè nella nostra comunità e tra i colleghi di lavoro. Ne è prova la circostanza che gli sarà intitolato il Centro polifunzionale e residenziale per persone affette da autismo che sorgerà nella nostra provincia nei prossimi mesi. La struttura di assistenza sarà collocata in una dimora storica di Fuscaldo e offrirà sostegno terapeutico ai pazienti - soprattutto bambini e ragazzi - affetti dalla grave patologia.
La Regione Calabria ha infatti autorizzato l’attivazione del Centro che segnerà un punto di svolta per le famiglie che hanno congiunti colpiti da questa grave e incurabile “malattia”.
Ginevra Vercillo, biologa, è la madre di Gabriele e sta facendo molto nel nome del figlio. Non è facile convivere con un dolore tanto grande ma questa donna combatte contro l’angoscia spendendosi a favore del prossimo.
«Io sto portando avanti tanti progetti in memoria di mio figlio» spiega «e questa era una cosa che aveva cominciato fare Gabriele: mi disse che gli avevano proposto di fare il direttore sanitario del costituendo Centro e lui aveva buttato già le base di come andasse strutturato il lavoro. Gabriele stava vivendo un periodo di grande splendore, sembrava tutto in discesa nella sua giovane vita, Era felice e entusiasta. Si erano spalancate tutte le porte. Lui lavorava per il “Caffè Alzheimer” e stava facendo tirocinio presso l’Istituto di igiene mentale di Cosenza. Poi è finito tutto, all’improvviso».
Ma come si può combattere con un dispiacere tanto grande? Ginevra Vercillo risponde con sincerità: «Ho affrontato il dolore dandomi da fare non restando inattiva. Mi ha molto aiutato la fede in Dio: so che questo figlio lo rivedrò e io voglio essere una persona migliore per avere la certezza di rivederlo. E per essere una persona migliore devo aiutare gli altri, aiutare il prossimo. E cerco di aiutare gli altri nel nome di mio figlio. È normale, scoraggiarsi, piangere, in alcuni frangenti disperarsi, ma bisogna concentrarsi su tutto il resto e non sul dolore. Io voglio far vivere mio figlio e non il mio dolore».
La testimonianza di coraggio e di fede di questa donna, può essere di aiuto a tanti altri genitori colpiti dallo stesso genere di lutto. Madri e padri squassati da tragici e imprevisti eventi.

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