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Monsignor Checchinato sale in cattedra all'Unical: “L’antimafia? È difesa della dignità”

L’arcivescovo di Cosenza-Bisignano: «Mai confondere i diritti con i favori che alimentano la cultura mafiosa. I veri profeti sanno guardare oltre, come Don Milani»

«Se ognuno fa qualcosa, si può fare molto». Con questa frase del beato padre Pino Puglisi – ucciso dalla mafia il 15 settembre del 1993 a Palermo – mons. Giovanni Checchinato, arcivescovo metropolita di Cosenza-Bisignano, ha concluso il suo dialogo con gli studenti e le studentesse di Scienze dell’educazione dell’Università della Calabria, invitando i futuri educatori e pedagogisti calabresi ad essere protagonisti del loro futuro anche quando si addensano tinte fosche lungo il cammino della vita.
Il presule nativo di Latina, ospite del progetto di Pedagogia dell’antimafia attivo presso il dipartimento di Culture, Educazione e Società dell’Ateneo, si è confrontato con gli universitari di Arcavacata sui contenuti del libro “Omelia per gli invisibili” dedicato al suo impegno nel Foggiano contro la criminalità organizzata negli anni in cui è stato vescovo di San Severo (2017-2022). Checchinato ha poi spiegato la complessa (e violenta) struttura della cosiddetta quarta mafia (quella foggiana) che è in grado di coniugare un’articolazione interna di matrice familistica – che tende a renderla impenetrabile attraverso il vincolo del sangue che si salda a regole arcaiche – con un processo di modernizzazione nella gestione degli affari che la proiettano, da tempo, anche per via di una certa sottovalutazione del fenomeno, verso la conquista di importanti mercati dell’economia settentrionale e globale.
Sollecitato dalle domande dei giovani, l’arcivescovo di Cosenza-Bisignano si è inoltre soffermato sulla terribile condizione dei migranti (gli invisibili che fingiamo di non vedere e il cui grido di dolore cade spesso nel vuoto delle istituzioni) che vivono nel Ghetto di Torretta Antonacci, nella pianura tra Foggia e San Severo: «Non sembra Italia. Non sembra Europa».
Checchinato ha ribadito l’importanza dell’accoglienza e dell’integrazione di chi fugge dalla miseria e dalle guerre sottolineando il valore pedagogico dell’ascolto dei bisogni altrui, a partire da quelli degli sfruttati del mondo. Don Gianni – così come lo chiamavano i fedeli nel Foggiano – non si è sottratto alla richiesta degli studenti di provare a definire una pedagogia dell’antimafia, oggetto peraltro del loro percorso formativo. «Fare educazione all’antimafia – ha detto Checchinato – può contenere tantissime espressioni e atteggiamenti. In ogni caso, quando si riflette in questa direzione si lavora per costruire una mentalità. Ad esempio, non possiamo confondere i nostri diritti – la loro tutela ed esigibilità previste dalla Costituzione – con i favori, i piaceri che alimentano un microclima destinato ad aprire spazi importanti alla cultura mafiosa».
L’arcivescovo ha insistito con i giovani dell’Unical su questo tema chiedendo loro di impegnarsi nella difesa della dignità della persona, dei suoi inalienabili diritti e nella responsabilità sociale del suo agire. Denso di argomentazioni pedagogiche è stato il momento in cui Checchinato ha ricordato l’esperienza pedagogica di Barbiana e di don Lorenzo Milani definito profeta scomodo, capace cioè di «saper guardare oltre, oltre quello che vedono i nostri occhi. I profeti sono quelli che sanno guardare oltre la collina, oltre quello che si sperimenta e si vede. E lui l’ha saputo fare non solo in ordine alla pedagogia. Non solo in ordine alla vita cristiana, ma don Milani è stato un grande profeta di pace».
L’arcivescovo ha successivamente aggiunto: «Se solo si fosse dato ascolto a mezza frase di quanto don Milani ha detto durante la sua vita e in maniera particolare durante una sua presa di posizione contro la guerra, contro tutte le guerre, a favore della pace e della pace universale, probabilmente noi non ci troveremmo in questa situazione».
Ultimo argomento al centro del serrato confronto tra i ragazzi di Scienze dell’Educazione e il presule dell’arcidiocesi cosentina non poteva che essere rappresentato dall’identità della pedagogia e della sua vocazione trasformativa ovvero la «capacità di cogliere l’umano nel suo divenire e tutti i segni che l’umano riceve dall’ambiente, dalla situazione, dalla storia in cui è inserito. E poi dipende da noi diventare profeti di ventura o di sventura».
Al termine dell’incontro, mons. Checchinato è stato premiato per il suo impegno contro le mafie ed a favore dei diritti costituzionalmente garantiti.
Il seminario, infine, si è aperto con i saluti istituzionali di Mariella Mirabelli, componente del Cda dell’Unical (che ha sostituito il direttore del DiCES, Roberto Guarasci), di Ines Crispini, coordinatrice di Scienze dell’educazione modalità mista, di Rossana Adele Rossi, coordinatrice di Scienze dell’educazione e Scienze pedagogiche, e Franco Altimari, decano del DiCES e fondatore del dipartimento già Lingue e Scienze dell’educazione. L’incontro è stato introdotto da Giancarlo Costabile, docente di Antimafia, che ha coordinato il dibattito al quale hanno partecipato le studentesse Maria Gabriella Vaccaro, Stefania Palazzo, Valentina Bruni, Emanuela Novello, Annamaria Carola Fusaro, Loredana Mazzaferro.

 

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