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Far West notturno a Cosenza, “gambizzato” un 29enne

Il ferito è un giovane di etnia rom che a medici e agenti ha raccontato di non essersi accorto di nulla. Gli investigatori ritengono che la sparatoria si sia verificata nel “fortino” degli zingari

La storia oscura resta imprigionata dentro un referto di poche righe redatto nel Pronto soccorso dell’ “Annunziata”. «Ferita da arma da fuoco al polpaccio», hanno scritto i medici sulla cartella sanitaria di un ventinovenne di etnia rom che si è presentato di notte in ospedale, sanguinante e senza più forze.
Il giovane, adesso, sta bene ed è già tornato a casa con una prognosi relativamente breve. A poliziotti e sanitari avrebbe fornito spiegazioni vaghe: «Non ho visto nessuno e non mi sono accorto di niente. Ho avvertito solo un improvviso bruciore alla gamba e in quel momento ho capito d’essere stato ferito. Ma non so da chi e nemmeno perché...».
Un racconto che non ha contribuito nemmeno al riscontro della dinamica dell’agguato. E, soprattutto, non ha prodotto spinte investigative in grado di dare un senso compiuto all’inchiesta che è coordinata dal capo dei pm Antonio D’Alessio.
Gli 007 della Mobile, per adesso, indagano. Il nome del giovane sarebbe noto ma non sembrerebbe essere importante all’interno delle tante biografie registrate nelle annotazioni di servizio di polizia e carabinieri. Ma i detective del questore Giuseppe Cannizzaro stanno cercando tra gli amici frequentati dal ferito, verificando alibi, approfondendo dettagli.

Da questo limite si dipana la trama della sparatoria che si sviluppa attraverso un groviglio di supposizioni che per adesso non si cristallizzano all’interno di uno scenario definitivo. Ipotesi che restano confinate ai margini degli omissis che sbarrano le prime risultanze investigative. Verbali, accertamenti e verifiche che sembrano valorizzare i contorni della vicenda.
Le ipotesi investigative avrebbero imboccato la strada dell’ultimo lotto di via Popolia, il regno degli zingari. Pare proprio che il ventinovenne possa essere stato ferito nell’area compresa tra il quartiere “fortino” e il viale Parco. Il movente, per ora, non c’è. E del resto, il ragazzo rimane l’unico testimone della sparatoria. Ci sono, però, tante piste che, in queste ore, vengono battute. E c’è una certezza: chi ha sparato non voleva uccidere. Piuttosto, quel colpo di pistola sarebbe stato solo un “avvertimento”, una punizione per una mancanza di rispetto verso la “famiglia”. Oppure potrebbe essersi trattato di un vero e proprio regolamento di conti per saldare una questione d’interesse. Ombre che non escludono, però, alcun tipo di sviluppo investigativo.
I detective del questore Giuseppe Cannizzaro stanno passando al setaccio le immagini di alcuni impianti di videosorveglianza che si trovano lungo le strade che s’incastrano nel perimetro dell’area ipotizzata come teatro della sparatoria. I poliziotti avrebbero già effettuato una serie di sopralluoghi, di controlli nell’impenetrabile regno degli zingari. Dai racconti dei pentiti e dalle inchieste giudiziarie emerge quel potere storico che, nel tempo, si è radicato nell’ultimo lotto di via Popilia, un territorio nelle mani dei “Banana”, una dinastia potente che governa su tutta l’area urbana.

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