È morto intorno alle 18 e 30 di sabato, per arresto cardiaco, su un’autolettiga del 118 all’altezza di Acquacoperta (sulla Statale 107), diretta all’Annunziata di Cosenza. Il cuore generoso di Serafino Congi, 48 anni, impiegato, coniugato e padre di due ragazzine, ha cessato di battere prima di raggiungere l’ospedale Hub. Al Pronto soccorso di San Giovanni in Fiore era giunto intorno alle 15, con i sanitari che ne avevano compreso all’istante la gravità. Subito dopo, infatti, dopo avergli prestato le prime cure si erano attivati per trasferirlo all’Annunziata.
Per come appreso, al calar del sole non era più sicuro fare intervenire l’elisoccorso, mentre il 118 cittadino era privo di un medico in servizio, né quindi il paziente poteva essere trasferito senza un sanitario a bordo. Una concomitanza di eventi che ha finito per determinare il destino del 48enne. A San Giovanni si vive l’incessante quanto cronica mancanza di medici, tanto che su una pianta organica di 6 “camici bianchi”, ce ne sono appena 2, con l’impossibilità di coprire tutti i turni. Un deficit che diventa un problema serio in caso di patologie tempo-dipendenti. Come, nel caso del 48enne.
Dal Pronto soccorso hanno richiesto un’ambulanza medicalizzata a Cosenza che seppure prontamente arrivata nel nosocomio cittadino che dista 60 km da San Giovanni. verso l’Annunziata è cominciato un viaggio trepidante tra la vita e la morte che s’è interrotto nell’aiuola di Acquacoperta, dove i due infermieri e il medico a bordo nell’autoambulanza hanno disperatamente tentato di rianimare l’uomo nella speranza di metterlo in salvo. Un’operazione vana che è stata seguita dai familiari che avevano seguito l’ambulanza con un mezzo proprio. Per disposizioni dell’Autorità giudiziaria, la salma è stata trasferita a Cosenza dove sarà eseguito l’esame autoptico.
La notizia della morte di Serafino Congi, appartenente ad una stimata famiglia, ha sconvolto l’intera città e il comprensorio, una tragedia che, al di là degli aspetti medico-legali, conferma la necessità di potenziare i presìdi e gli organici del 118 degli ospedali periferici e soprattutto di quelli di montagna, come quello di San Giovanni. Insomma la sanità deve essere garantita. E come sostiene Sergio Harari, «come 48 anni fa serve un grande progetto». Non più rinviabile.
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