Il marito scagionato. Rosa Vespa, 51 anni, all’arrivo in casa dei poliziotti ha subito detto: «Ho architettato tutto io», sollevando dalle responsabilità il compagno di vita, Acqua Moses, 47 anni, nigeriano. La donna ha pure tentato di accreditare la tesi della pregressa perdita d’un bambino. «Ho fatto tutto questo» ha affermato la cinquantunenne «perchè 10 giorni prima ho perso un bimbo». Una circostanza del tutto priva di fondamento della quale dovrà rendere conto nell’interrogatorio previsto oggi davanti al Gip di Cosenza. Rosa Vespa e Acqua Moses sono difesi dagli avvocati Gianluca Garritano e Teresa Gallucci e si ritrovano indagati per il sequestro della piccola Sofia sottratta ai genitori martedì sera nella clinica cosentina “Sacro Cuore”. Il nigeriano è stato trasferito ieri dal carcere di Cosenza a quello di Castrovillari per ragioni di sicurezza. Non essendo disponibili celle d’isolamento la sua incolumità avrebbe potuto essere a rischio.
L’indagata, come ricostruito dalla polizia, ha finto un ricovero nella stessa struttura sanitaria privata in cui ha poi compiuto il rapimento.
E a proposito della festicciola organizzata per il ritorno a casa di Ansel, il bambino mai nato di cui Rosa aveva annunciato la venuta al mondo l’8 gennaio con un post su Facebook, appare illuminante la testimonianza resa agli inquirenti dal cognato della cinquantunenne, Andrea Fiorentino. L’uomo conferma d’essere stato con la moglie all’oscuro di tutta la messinscena, sottolineando come la Vespa avesse una pancia particolarmente prominente. Di più: Fiorentino spiega che a settembre la famiglia si riunì per festeggiare il fatto che gli accertamenti avevano confermato il sesso maschile del nascituro. L’indagata riesce a tenere i parenti lontani durante l’immaginario e successivo parto inventandosi, così avrebbe riferito il testimone, che sia lei che il piccolo avevano contratto il Covid.
Il castello delle menzogne crolla quando rapisce la piccola Sofia e si presenta nell’appartamento di Castrolibero, bardato di fiocco azzurro e palloncini, con il tavolo ricolmo di confetti e pasticcini, tenendo in braccio una bambina e non un bambino. Una neonata che suscita imbarazzo in Acqua Moses capace di comprendere subito la differenza di sesso e, soprattutto, l’assoluto candore della pelle della piccola che non mostra alcun tratto del nigeriano. Il disagio esplode nel quarantasettenne quando i poliziotti del vicequestore Gabriele Presti entrano nell’abitazione. L’uomo rivolto alla moglie dice: «Mi hai rovinato la vita» e poi si chiude nel mutismo. Oggi conosceremo la sua versione dei fatti. Per gli agenti del questore Giuseppe Cannizzaro, Moses è pienamente coinvolto nel sequestro di Sofia.
Un sequestro di cui si è venuti a capo grazie pure alle immagini girate dall’impianto di videosorveglianza installato nella clinica. È Saverio Greco, amministratore del gruppo imprenditoriale omonimo a spiegarlo: «Le immagini ci hanno aiutato subito a capire tutto ed io ho personalmente visto l’Alfa 147 su cui la coppia si era allontanata».
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