
Le ferite rimaste aperte. L’esito del referendum sulla Città unica ha alimentato polemiche e continua a suscitare accese discussioni tra le forze politiche. L’ex sindaco del capoluogo, Mario Occhiuto, ha sottolineato come a rigor di statuto la consultazione popolare non abbia alcun valore atteso che avrebbe dovuto registrare la partecipazione del 30% degli aventi diritto. Un rilievo legato al secondo comma dell’articolo statutario regionale 12 che, però, non sembra destinato a produrre effetti.
Il Partito democratico, attraverso i consiglieri regionali Mimmo Bevacqua e Franco Iacucci fa sapere: «Sono due i punti fermi dopo la consultazione referendaria. Il primo è il rispetto assoluto della volontà popolare che è stata chiara. Anche e forse soprattutto da parte chi, non comprendendo la strategicità del processo, non si è proprio recato alle urne. Il secondo punto fermo è il rimpianto di avere perso, tutti, una grande occasione».
Giacomo Mancini, coordinatore per i Dem del Comitato per il “sì” interviene nel dibattito rilasciandoci una intervista. «Leggo e sento tante analisi a la carte. Un tanto al chilo. È utile fare chiarezza. Iniziamo dal risultato. A Cosenza» esordisce l’ex parlamentare «ha vinto nettamente il Si. A Rende e a Castrolibero il No. La vittoria complessiva del No è stata determinata da una affluenza differente tra il capoluogo e gli altri due comuni».
Nel capoluogo è stata notevolmente più bassa. Più alta a Rende ancora di più a Castrolibero. Come interpreta questo dato?
«E così. Ma a leggere alcuni commentatori sembra che la scarsa partecipazione al voto sia nata a Cosenza il primo dicembre del 2024. Non è così purtroppo. È un fenomeno negativo e molto diffuso ad ogni latitudine. Solo per rimanere in Italia in due regioni evolute come Emilia Romagna e Umbria chiamate a novembre ad eleggere i presidenti ha votato la metà degli aventi diritto. Nel nostro territorio tre anni fa a Cosenza per la scelta del sindaco andarono a votare solo 25 mila elettori. In più ai quesiti referendari ormai la partecipazione è bassissima tanto da metterne in discussione l’efficacia dello strumento stesso».
A Rende e Castrolibero però la partecipazione è stata maggiore...
«Vero. Ma anche perché li si è giocato una partita che si è sovrapposta al quesito referendario trasformando l’appuntamento con le urne in una sorta di competizione comunale. Con incontri nei quartieri, nei rioni, nei condomini. Con una sollecitazione pressante e insistita del voto. A Castrolibero è andato in scena il replay delle comunali del 2023 con l’amministrazione in carica impegnata pancia a terra, questa volta senza un avversario in campo. A Rende invece tutta la classe dirigente si è schierata sul No. Erano sul No tutti i candidati a sindaco che nel 2019 si sono scontrati. Di fatto ognuno preparandosi per le amministrative di primavera. E poi in quel comune non c’è stata una personalità riconoscibile che si è intestata la battaglia sul Sì».
A Cosenza invece la dinamica è stata diversa?
«A Cosenza ha stravinto il Sì. Nonostante il fronte del No sia stato assai nutrito, molto variegato e tanto rumoroso. Il 70 per cento dei cosentini hanno detto Si. E questo è un dato importante. Anche perché dimostra come il Pd e la coalizione di forze politiche, sindacali e civiche che abbiamo costruito intorno al Sì ha saputo interpretare e ben rappresentare il sentimento diffuso in città».
C’è chi dice che parte del Pd si sia disimpegnata: che ne pensa?
«Guardi nei venti giorni di confronto ho visto e apprezzato un impegno determinato, leale e appassionato da parte del segretario Vittorio Pecoraro e di tutto il gruppo dirigente ad iniziare dai consiglieri regionali Bevacqua e Iacucci e uno sforzo prezioso da parte dei Giovani Democratici. Purtuttavia inutile nascondersi. Il Pd in questo territorio ha molta strada da fare per diventare forza maggioritaria: a Cosenza alle ultime comunali ha ottenuto il 9,4 per cento. A Rende sono dieci anni che non presenta una lista. E nei tre comuni ha il solo circolo di Cosenza che è attivo e che ha ritenuto di riunirsi il venerdì prima del voto».
L’amministrazione comunale bruzia è stata impegnata a contrastare le legittimità amministrativa dei provvedimenti ricorrendo al Tar e al Consiglio di Stato: lo ha fatto a viso aperto sin da subito. E il sindaco ne ha illustrate le ragioni in punta di diritto e di politica. Una linea legittima condivisa da una parte della maggioranza. Tuttavia si espressa favorevolmenteal sostegno delle ragioni del Sì. Lei che idea s’è fatto?
«Guardi se l’amministrazione di Cosenza si fosse impegnata per sostenere il Sì nello stesso modo in cui l’amministrazione di Castrolibero ha sostenuto il No probabilmente il risultato complessivo sarebbe stato diverso. Ma questo tema non mi appassiona. Me ne appassionano altri.
Quali?
«La classe dirigente del territorio non ha colto l’importanza storica di questo momento. E l’ha persa. Per la soddisfazione di altri territori che avendo colto le potenzialità della fusione potranno in prospettiva giocarsi la partita della leadership provinciale e regionale al posto del nostro. Chissà quanto tempo occorrerà aspettare ancora prima di avere una nuova occasione».
C’è chi parla di andare avanti comunque: forse una scelta del genere non verrebbe capita: o no?
«I cittadini si sono espressi. E la loro indicazione è sacra e inappellabile. È evidente che se due comunità dicono che non vogliono la fusione, la fusione non si deve fare. Con buona pace di chi diceva che il referendum era una truffa. E sbaglierebbe chi pensasse di superare il pronunciamento dei cittadini. Piuttosto occorre subito riparare ai danni subiti dal capoluogo»
A cosa si riferisce?
«Un danno enorme causato all’immagine di Cosenza in settimane di propalazione di notizie negative che hanno minato l’attrattività della città».
Fa riferimento al debito di Cosenza? Sia più esplicito.
«Esattamente. Per settimane si è discusso sul debito del comune di Cosenza. E non c'è stato nessun dirigente, revisore dei conti, assessore, né tantomeno il sindaco, che ha detto una sola parola per chiarire la situazione debitoria del comune, né ha messo a disposizione i bilanci che sul sito nemmeno ci sono. Tutto ciò ha provocato un danno di immagine enorme a Cosenza che va riparato. Anche con una qualità amministrativa migliore. »
Torniamo al referendum. Nessun errore rispetto all’esito?
«In tutta sincerità ritengo che il centrodestra che ha scritto una proposta di legge con molti limiti, avrebbe dovuto avviare durante la fase di predisposizione del testo un lavoro di dialogo profondo non solo con le audizioni all’interno del palazzo, ma più in profondità con le comunità interessate spiegandone i vantaggi e ascoltandone critiche e perplessità sulle quali avrebbe dovuto dare per tempo delle risposte. Procedendo per come si è proceduto, nonostante gli sforzi del centrosinistra di migliorarne alcuni aspetti, sì è dato agio al fronte del No di rappresentare il provvedimento come una imposizione, argomento che a Rende e a Castrolibero ha attecchito insieme ad una ingiusta e antistorica contrapposizione con Cosenza alla quale occorrerà’ porre rimedio in tempi brevi».

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