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Cosenza calcio, “Caro presidente Guarascio, quando (ri)usciremo a veder le stelle?”

Settecento anni fa esalava l'ultimo respiro il Sommo poeta. A distanza di secoli, però, le opere di Dante Alighieri continuano a campeggiare nelle biblioteche di tutto il mondo, sugli scaffali di ogni casa degli italiani e sui banchi di scuola. Ma soprattutto, le terzine della Divina commedia continuano a risuonare nell'aria, a rimbombare in ogni area.

Una delle citazioni dantesche più inflazionate si sposa perfettamente con lo stato d'animo vissuto dai tifosi del Cosenza calcio che, certo, hanno utilizzato termini meno allegorici e più perentori per fotografare il momento vissuto dalla squadra guidata dal presidente Eugenio Guarascio, destinatario di un “attacco frontale” senza precedenti sotto la sua gestione.

Tutta la città, infatti, è tappezzata da striscioni contro il patron. Parte della tifoseria è uscita alla scoperto, dopo aver punzecchiato già nel recente passato il numero uno della società di via degli Stadi.

E il presidente Guarascio?

Ingoia in silenzio, come da tradizione. Non si espone e non risponde. All'apparenza sembra indifferente. All'apparenza, però. Perché in realtà Guarascio è infastidito e insofferente. Proprio non si capacita del perché gran parte della piazza e degli addetti ai lavori gli abbiano voltato le spalle, come ancora venga proposto, impietoso, il paragone con il più illustre tra i suoi predecessori: Paolo Fabiano Pagliuso. Lui, Guarascio, il presidente più “longevo” e vincente - statistiche alla mano - della storia ultracentenaria cosentina. Che ha riportato il Cosenza nel calcio che conta dopo 15 anni di inferno. Che non è mai scivolato sulla buccia di banana delle penalizzazioni. Che, di riffa o di raffa, ha sempre raggiunto gli obiettivi. Che ha piazzato i seggiolini all'interno dello stadio e riaperto il cesto con i palloni. Quoque tu brutia filia mea? Che non sarà citazione dantesca, nel Dantedì, ma serve a rendere l'idea sullo stato d'animo (vero) del presidente.

I motivi delle provocazioni

Caro presidente, ed è proprio questo accanimento degli “avvoltoi” - ritenuti tale dal patron - che deve quantomeno insospettirla. Se, nonostante tutto, la piazza mormora, un motivo ci sarà. Anzi, forse più di uno. Passi restare ogni anno nel limbo della classifica cadetta, con il burrone a pochi centimetri. E passino anche le dichiarazioni discutibili (eufemismo) riguardo al Cosenza calcio-hobby, ai tifosi di strada, alla stampa di basso livello. Ma ciò che la piazza proprio non riesce a deglutire è la mancanza di prospettiva. Neanche il tempo di affezionarsi a un giocatore che è già ora di accompagnarlo in stazione. Per non parlare dei rinnovi di contratto tormentati, che spesso sono coincisi con l'addio dei diretti interessati, e dei ritiri senza mezza squadra. E proprio nel momento più indicato per attizzare il fuoco della passione: l'inizio di stagione, quando il tifoso - quello vero - sogna già di combattere con le corazzate. E di batterle. Perché per quel tifoso: “Il Cosenza è la più forte di tutte”. Soprattutto in estate. Ecco, a dar fastidio alla “piazza” è proprio la capacita di tramortirlo sul nascere quel sogno. Perché, di fronte, c'è popolo che sogna di affacciarsi per la prima volta a vedere le stelle più belle e luminose. Che non vuole arrendersi all'idea che il massimo firmamento da poter ammirare è quello cadetto. E, in riferimento agli striscioni piazzati oggi, l'atteggiamento alla “Non ragioniam di loro, ma guarda e passa” sarebbe solo un modo per rinviare ancora una volta la risoluzione del problema. Che poi è un suo problema, perché anche lei, sotto sotto, soffre questo clima. Al di là della facciata.

 

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