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Il grido disperato del Minimo di Paola, padre Cirillo: “Non posso lasciare mia madre in Ucraina”

«Dobbiamo aspettare la fine della guerra per poter tornare in Italia, non ci è consentito altro». Padre Cirillo Hennady, frate dell'ordine dei Minimi nel Santuario di Paola, continua a comunicare dall'Ucraina solo tramite sms. E capita spesso che per diversi giorni s'interrompano le comunicazioni: una volta perché scatta la censura militare, un'altra per via degli spostamenti. Da settimane ormai lui, come tutti i cittadini ucraini, vive nell'incertezza, stretto nella morsa bellica: tra l'invasore russo e le prescrizioni locali che impediscono a qualsiasi uomo di 60 anni di lasciare il “fronte” (è consentito solo a donne e bambini). E dire che la “sua” Vinnytsia, città a 268 chilometri da Kiev, inizialmente non respirava l'aria del conflitto. In poco tempo, però, “l'armata russa” ha colpito anche lì. «Il nostro aeroporto è stato praticamente sradicato», scrive padre Cirillo. E tutto ciò è avvenuto pochi giorni dalla fuga. «Abbiamo affrontato un viaggio lungo e difficile, che ci ha impedito di comunicare cosa stessimo vivendo. Non posso lasciare mia madre, è molto malata, ha problemi di cuore e rischia anche un esaurimento nervoso. Sta di fatto che lei non è nelle condizioni di lasciare l'Ucraina da sola, sarebbe un tragitto distruttivo e massacrante, né può farlo con me perché nessun uomo inferiore ai 60 anni può allontanarsi dal Paese. Il nostro tentativo di andare via è fallito. La mia documentazione non è valsa a nulla, neanche se avessi la bolla papale potremmo rientrare. Durante la nostra assenza Vinnytsia è stata bombardata e l'aeroporto è stato sradicato. Abbiamo un'unica via d'uscita, ovvero che lo stato di guerra finisca». La sensazione è che sia l'unica strada percorribile anche per tutto il resto del mondo che, sgomento, continua a osservare città distrutte, famiglie senza padri che scappano, ospedali bombardati e bambini che muoiono.

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