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Cosenza, è tempo di adottarlo (definitivamente): i tre motivi sul perché Tutino debba firmare a vita

Un timido sole bacia il risveglio dei cosentini, affatto infreddoliti nonostante l'inverno. Perché a riscaldare cuori e membra ci ha pensato ieri Gennaro Tutino. Tripletta al Venezia, stop al digiuno di vittorie (due mesi e dieci giorni infernali) del Cosenza, classifica un po' più tranquilla e doppia cifra vicinissima. Gol a parte, però, ciò che colpisce del Tutino 2.0 è la maturità. Umana e calcistica. La prima versione dello scugnizzo napoletano è stata fortemente condizionata dall'impresa promozione. C'è la sua impronta, bella chiara, sul ritorno in B del Cosenza, al termine della stagione 2017-2018. Ma il Tutino poco più che ventenne era un talento in grado di spaccare le partite da solo, a volte non curandosi di ciò che gli stava accadendo attorno. Dannatamente istintivo e decisivo. Oggi è un'altra roba. Anche tatticamente, perché gioca da punta mobile (o sottopunta), alternando momenti in cui si trova ad agire spalle alla porta al gioco di sempre: l'uno contro uno. Un attaccante totale che, se le porte fossero più larghe di un centimetro, sarebbe ampiamente in doppia cifra. Ma al di là dell'aspetto tecnico - che conta, eccome se conta, e per informazioni chiedere a Pierini e compagni, usciti dal “Marulla” con qualche certezza in meno e qualche gol subito in più - ciò che stupisce di Tutino è la leadership. L'hombre del partido che Cosenza aspettava da troppo tempo.

Rossoblù a vita: i tre motivi

Il primo è proprio quello: nonostante la categoria, Cosenza e i cosentini sono un po' scoraggiati dal doversi ritrovare sistematicamente a lottare nelle zone infide della classifica. Un ottimo motivo per recarsi al “Marulla” è l'idea di poter ammirare a tempo indeterminato le giocate di superGenny.

Il secondo, non meno scontato, è che Tutino non è solo amato da Cosenza ma contraccambia questo amore. Di baci agli stemmi e alle maglie da parte dei campioni di turno ne è piena la storia recente, riscritta troppo in fretta al primo squillo arabo o al primo richiamo della categoria più prestigiosa. Le sue, quelle che stampano il proprio affetto sul rossoblù, sono labbra sincere.

Il terzo, il più importante. Nella storia del Cosenza calcio c'è un grandissimo vuoto. Un buco che non scoraggia gli appassionati e chi ama la squadra, ma che resta tale: si chiama serie A. Nessuno, neanche gli eroi più grandi che hanno solcato il Crati e il Busento, è riuscito a scrivere la pagina di storia più bella di tutte. Ma per farlo servono eroi ancora più grandi. E soprattutto serve dargli tempo. Gennaro Tutino, 28 anni ad agosto, di tempo ne ha ancora. E il cuore gli dice che restare nella Città dei bruzi è la scelta giusta. A fine anno, a prescindere se scatterà il diritto di riscatto, bisognerà farlo uno sforzo. E trattenerlo. Fargli firmare un contratto a vita. Con tanto di bacio di maglia a occhi chiusi, perché dei suo schiocchi c'è da fidarsi: questa casacca non la tradirebbe mai.

 

 

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