Volto scavato e occhiaie profonde. Sono le tracce della tensione emotiva. Cinzia Falcone è una manager di Mendicino. Guida una importante scuola d’inglese e presiede l’associazione “Animed” impegnata nella promozione di iniziative nelle scuole contro la violenza di genere. Iniziative nate dopo la feroce uccisione di Fabiana Luzzi a Corigliano e condotte negli ultimi otto anni in accordo con la prefettura di Cosenza e l’appoggio delle forze di polizia. Un ramo dello stesso sodalizio si occupa pure della gestione di un Centro di accoglienza per migranti a Camigliatello. L’imprenditrice ha deciso di rispondere alle nostre domande (l'intervista pubblicata oggi sulla Gazzetta del Sud in edicola). Per effetto della sua denuncia l’ex prefetto del capoluogo bruzio, Paola Galeone, è stata posta dalla magistratura agli arresti domiciliari per corruzione e sospesa dal servizio dal ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese.
Perché ha scelto di denunciare?
«Non avrei potuto fare diversamente. Da tempo sono impegnata nel sociale e spesso mi è capitato di pronunciare frasi del tipo: “In questa terra dobbiamo scegliere da che parte stare da subito!”. Ecco, questa volta, ho capito che toccava a me».
Non mi dica che è stato facile?
«Passare dalle parole ai fatti non è semplice soprattutto quando ci si trova davanti a un prefetto della Repubblica. Il giorno prima, però, avevo ascoltato l’intervista al procuratore Gratteri in cui invitava i calabresi a ribellarsi e questo ha determinato in me ulteriormente la volontà di dissentire e dire di no a una ingiusta richiesta».
Ma quali erano i suoi rapporti con la Galeone?
«Io l’ho conosciuta quando si è insediata. Poi, in occasione della giornata internazionale della violenza contro le donne mi è stato proposto, visto l’impegno nel settore con la mia associazione Animed, di collaborare alla realizzazione di un evento occupandomi di contattare le scuole e di moderare la manifestazione. Cosa che ho fatto senza compenso alcuno. Ero fiera che la Prefettura, dunque lo Stato, ci avesse coinvolti in questo incontro.»
Ma lei ha avuto rapporti anche con altri prefetti?
«Ho sempre cercato il contatto con chi rappresenta lo Stato durante i nostri incontri nelle scuole al fine di avvalorare i messaggi di legalità e di non violenza. Non mi è mai capitato di trovarmi in imbarazzo o in situazioni equivoche. Anzi, il contrario».
Quando le ha proposto l’accordo corruttivo, cosa ha pensato?
«Mi sono di colpo sentita azzerare la stima che avevo sempre nutrito nei confronti dei rappresentanti dello Stato. Ho poi pensato che si trattava solo di una persona e non dello Stato».
Scusi, ma perché non le ha detto subito di no?
«Non ho realizzato immediatamente che mi si stava facendo una proposta illegale. Eravamo nel Palazzo del Governo, ho impiegato qualche ora per realizzare che non era una errata deduzione. Fino a quel momento avevo peraltro sempre ammirato e nutrito stima per la dottoressa Galeone. Ma il confronto con la mia famiglia mi ha aiutato, invece, a capire la gravità di quanto mi era stato proposto. E non ho esitato a denunciare».
Ha sentito mentre era in Prefettura una sorta di forma di ricatto? È vero che uscendo dalla stanza la Galeone ha fatto cenno ad una gara per l’accoglienza dei richiedenti asilo e protezione internazionale alla quale Lei con l’Animed aveva partecipato?
«Si, è vero. Mi ha parlato di un documento che non andava bene, del quale però io nulla sapevo perché il procedimento amministrativo è in itinere. Mi ha detto: “poi vediamo cosa si può fare”. Sono rimasta attonita perché il discorso non c’entrava nulla».
Ha temuto che in futuro avrebbe potuto farle altre richieste?
«Non me le ha fatte ma io devo confessare che da quella sera ho cominciato a temerlo. Non lo sapremo mai perché ho denunciato».
Lei per via del Centro di accoglienza migranti che gestisce a Camigliatello ha rapporti economici con la prefettura?
«Si, con la Prefettura ma non con il prefetto. »
Teme ritorsioni, ha paura?
«Si, sono consapevole che esistono poteri forti ma sono anche consapevole che esiste uno Stato forte. Io ho scelto di stare dalla parte dello Stato».
Chi l’ha aiutata in questi giorni difficili?
«Ringrazio in modo particolare il questore Giovanna Petrocca e tutti gli investigatori della Mobile. Un ringraziamento speciale devo farlo al dirigente, Fabio Catalano, che nei momenti più complicati mi ha dato la certezza che stavo facendo la cosa giusta. Voglio pure ringraziare il procuratore Mario Spagnuolo che ha trascorso i giorni di Natale a coordinare questa non facile indagine condotta dal pm Giuseppe Visconti».
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