Lisa Gabriele era entrata in un brutto giro. C’è il sesso, la droga, la violenza, singola e di gruppo, e poi un rapporto d’amore malato (tra la ragazza e il poliziotto Maurizio Mirko Abate) a far da sfondo al quadro inquietante in cui è maturato, e poi s’è consumato, il femminicidio della ventiduenne di Rose, il cui cadavere è stato rinvenuto, in un boschetto, a Montalto Uffugo, il primo gennaio del 2005. Diciassette anni – e una cura maniacale per dettagli – ci sono voluti per rischiarare i molti punti oscuri e per mettere in ordine le tessere del complicato puzzle caratterizzato da un’inchiesta per omicidio prima archiviata e poi riaperta.
Sesso, droga e violenza
Lisa Gabriele voleva uscire da quel guazzabuglio in cui – se ne fa menzione nelle testimonianze che gli amici più stretti hanno reso agli inquirenti – l’aveva cacciata Maurizio Mirko Abate, l’agente della polstrada, col quale la ragazza intratteneva una strana (e si dica pure abbastanza atipica) relazione amorosa. La ventiduenne era stata introdotta in un giro di droga, sesso e violenza.
La richiesta d’aiuto
Secondo quel che Lisa Gabriele raccontò al pentito di mafia Francesco Galdi, al quale avrebbe addirittura chiesto aiuto, il poliziotto l’aveva introdotta «in un brutto giro».
Al collaboratore di giustizia la ventiduenne raccontò che Abate non solo la «costringeva a drogarsi ma anche a frequentare una sorta di «comitiva perversa», un circolo privato – la circostanza troverà conferma anche nelle dichiarazioni di un cugino del poliziotto – all’interno del quale succedeva di tutto. «Ci sono brutte persone» raccontò in un’occasione la ventiduenne al pentito Galdi. «Ci sono brutte persone che fanno uso di sostanze pesanti, anche allucinogeni, e prendono parte a perversi giochi a sfondo sessuale». In quel contesto, secondo quanto il pentito avrebbe appreso dal racconto della ragazza, le donne «venivano drogate, picchiate e violentate».
La circostanza emerge anche da una serie di intercettazioni ambientali dalle quali emerge, pure, che ai festini prendevano parte donne, transessuali e gay. Il collaboratore di giustizia riferì agli inquirenti «che Lisa aveva ormai il terrore di quella situazione ma non riusciva a venirne fuori». Galdi in un passaggio delle sue dichiarazioni paragona quel contesto a una «sorta di setta satanica».
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