Il virus ha prosciugato in poche ore il pozzo già arido delle certezze di tanta gente stremata da settimane di sacrifici. Lo ha fatto entrando nei piccoli borghi, quelli con le piazze deserte, le luci spente e i bar chiusi. Ha portato la paura dentro quei paesi che avevano resistito, con i cittadini chiusi nelle case per costruire solidi argini dentro i recinti urbani. Sembrava una partita vinta con l'angoscia definitivamente spazzata e il morbo distrutto. Un discorso chiuso, insomma. Sembravano già pronti a ripartire, pronti a riaprire i negozi, pronti a ripensare alle vacanze. E, invece, dalla casa di cura-focolaio il patogeno è evaso misteriosamente. E la sua rocambolesca fuga, adesso, rischia di trasformare il Cosentino in un unico grande cluster infettivo.
I numeri dell'Asp accendono i riflettori sull'impennata di questi ultimi giorni con casi concentrati non solo nell'epicentro dell'epidemia ma anche nei luoghi più vicini. Il bollettino rischiara il guizzo dei positivi riscontrati dalle indagini coordinate dal direttore del Dipartimento di prevenzione, Mario Marino. Il censimento dei nuovi casi riprenderà dalle prossime ore con l'obiettivo di tracciare tutti i contatti delle fonti già accertate (degenti e operatori della casa di cura), tra familiari, parenti e affini. Una strategia sanitaria che mostra, tuttavia, zone d'ombra. È la tempestività degli interventi a rappresentare il fianco scoperto di un protocollo che ha come obiettivo l'isolamento dei casi noti per contrastare la diffusione del microrganismo.
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